Casa Mazzucchelli

VALUTAZIONE

Cucina Moderna

15/20

PREGI
Il panificato come elemento portante.
La novità della formula.
DIFETTI
La mancanza di una parola che possa definirne l’identità.

La rivoluzione del pane

Si cadrebbe in errore a liquidare la nuova formula dei fratelli Mazzucchelli a Sasso Marconi come una semplificazione di fronte alla complessità del momento storico. Tutt’altro. Perché si tratta, nientemeno, che di una rivoluzione, cui i Mazzucchelli rispondono, con precisione svizzera, ormai, ogni vent’anni e sempre in coincidenza di accadimenti di portata storica: nel 2001, quando rivoluzionarono il ristorante di famiglia, furono le Torri Gemelle, oggi la pandemia e, non ultima, la guerra in Ucraina.

Fatto sta che, ancora una volta, Aurora e Massimo hanno sparigliato le carte, e lo hanno fatto abdicando, peraltro, a tutto quanto, o quasi, consolidato negli ultimi vent’anni. All’epoca, una platea di numerosi clienti, affezionati a una cucina confortevole e di territorio; oggi a coloro che, invece, erano devoti agli strali della luce, più o meno tremula di questi tempi, della stella Michelin, che si trovano a familiarizzare con una proposta assai diversa. Radicalmente diversa, ma solo apparentemente.

Perché la cucina intima, cerebrale e carnale di Aurora Mazzucchelli è ancora tutta qui. Se ne sta solo assisa, più comodamente, più pacificamente, si direbbe, su letti lievitati, concepiti appositamente per i suoi piatti in un’ottica “site-specific“.

Una cucina in cerca di un nome

E se i riferimenti, più o meno espliciti, affondano nella rivoluzione di Simone Padoan a I Tigli, è comunque il caso di dire sin d’ora che non esiste, invero, una formula simile a quella che va in scena adesso a Casa Mazzucchelli dove, a guardarci bene, è stata coniata molto bene nel piatto ma è ancora orfana di una locuzione in grado di esaurirne la complessità, la grandezza e, al contempo, la delicatezza e la leggerezza, vivaddio. C’è, insomma, bisogno di una parola nuova per definirla, di un neologismo. Chiunque ce l’abbia si faccia avanti, dunque, almeno nei commenti.

Venendo dunque alla nostra cena, e premesso che mancano almeno due foto, quella della Seppia gratinata, focaccia integrale, fonduta di formaggio ragusano e limone e quella della pizza Margherita che, impunemente, ci siamo concessi appena prima dei dolci, ritroviamo su questi lievitati tutta l’erudizione, la sensibilità e, in definitiva, il palato di Aurora – lei che, il giorno della nostra visita, tra l’altro, era affaccendatissima dietro alle Colombe – ma sdrammatizzato e svincolato dall’elemento “piatto” e, per questo, posto su un supporto non solo altrettanto commestibile ma anzi propedeutico alla comprensione dell’insieme costruito dagli ingredienti, nel loro rapporto di mutua complementarietà. Il pane, del resto, dal momento dell’apertura del Forno Mollica è andato configurandosi come un elemento più che centrale: una posizione così preminente, anzi, da suggerire una riflessione ed esortare dunque la Chef a una nuova collocazione nel piatto, quella di ingrediente portante (letteralmente). Per questo è senz’altro riduttivo, oltre che fuorviante, definire “pizza” quella di Casa Mazzucchelli; per questo urge la necessità di un nome che possa rendere giustizia di questo nuovo corso, e della portata che esso può e vuole avere per la cucina contemporanea.

Ogni piatto, dunque, è un assaggio, una fetta, uno spicchio, un morso, che prevede il supporto di un panificato portante cui è associata una composizione di ingredienti che, come accadeva già in passato nei piatti di Aurora, disegna un paesaggio o, meglio, una miniatura, tanto ogni elemento è situato. Accade nell’Asino battuto al coltello su letto di mandorla e focaccia integrale, con capperi, pomodoro candito e cioccolato 72%, tanto dolce e vaporosa la carne quanto aromatico il palato, punto anche, là dove necessario, dalla provvidenziale sapidità del cappero. E senz’altro accade nella croccante Lumaca di Bologna avviluppata nella focaccia integrale col pesto di prezzemolo, il pomodoro capuliato e l’aromaticissimo basilico: una festa nell’orto.

Altro paesaggio egregiamente incorniciato è poi la proposta dei vini al calice di Massimo Mazzucchelli che, della volubile arte dell’abbinamento, è senz’altro uno degli ermeneuti più sensibili.

La Galleria Fotografica:

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Leila Salimbeni

In famiglia si ritiene che abbia ereditato il palato del nonno Adorno, col quale ha imparato ad amare il vino e a fare colazione con pane, burro e pasta d'acciughe. Perfino le sue prime parole furono parole di gusto: precisamente, il rifiuto di mangiare i biscotti inzuppati nel latte, di cui detestava la consistenza. Una presa di posizione sul mondo, commestibile e non, che dopo una laurea in linguistica la porta a Bologna dove, con una tesi specialistica, decide di applicare la Semiotica Strutturalista alla cucina di Massimo Bottura. Correva l'anno 2010: da allora, non ha mai smesso di scriverne.

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VALUTAZIONE

Cucina Moderna

15/20

PREGI
Il panificato come elemento portante.
La novità della formula.
DIFETTI
La mancanza di una parola che possa definirne l’identità.

INFORMAZIONI

PREZZI

Due menù degustazione, da 48€ e 58€
Alla carta, sui 50€

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