Ilcascinalenuovo

VALUTAZIONE

Cucina Classica

Cucina Moderna

15/20

16/20

PREGI
L’accoglienza dei fratelli Ferretto.
DIFETTI
Il parcheggio poco illuminato.

A Isola d’Asti, un tempio della cucina piemontese

Dai Ferretto sono passati tutti i più grandi cantanti e musicisti. Artisti di ogni tipo. Un albergo un po’ nascosto, sulla statale che porta da Asti ad Alba, passato dall’essere un ritrovo per i giovani a bar e, infine, punto di ristoro, fino a quando Armando e Silvana, con i primi anni Ottanta, lasciano la struttura in mano ai figli, Roberto e Walter Ferretto, nasce così Ilcascinalenuovo.

All’epoca, il mondo in cui viviamo oggi non era minimamente pensabile. L’offerta vitivinicola non era quella di oggi, per non parlare della cucina. Bistrot e stellati non esistevano in questa propaggine delle Langhe. Quelle Langhe Patrimonio Unesco erano nella testa forse di qualche produttore illuminato, che si faceva portavoce di tutte le ricchezze del territorio. Cucina compresa. E allora i due, ereditato un repertorio inderogabilmente basato su ricette tradizionali piemontesi, si guadagnano presto la fiducia dei grandi protagonisti dell’epoca – e ancora di oggi – del vino, da Giacomo Bologna a Gaja. Tra una vendita di bottiglie e strette di mano con le persone che contano, Walter si ritrova a cucinare nelle grandi cucine stellate di Francia. Quando torna, la sua testa è più veloce delle mani. Nascono piatti che tracceranno il suo percorso e la fortuna del ristorante, stellato Michelin dal 1990, che continua a gestire assieme a quel mattatore del fratello, un amante di grandi vini. È il “Diretur” e la sua selezione di etichette è rigorosa, tanto che oggi può sfoggiare vecchie annate al fianco di qualche novità della Franciacorta e di zone “minori” francesi ma à la page – come si usa dire  – come lo Jura, del resto è dall’85 che Walter, dai fornelli, fa tornare uniti Francia e Piemonte

“Ilcascinalenuovo” è un grande classico

La commistione si evince da un piatto, in carta, dal 1989: la millefoglie con lingua e foie gras. Intervalli di pura libido senza soluzione di continuità e gusti scanditi, tanto che il palato diventa un manometro che impone, quasi perentoriamente, di ascoltare i sapori con un’attenzione nuova. Il piatto “insegna”, educa alla comprensione di tutti i piatti a venire, didascalici nel parlare degli ingredienti che lo compongono. Non è forse questo quel senso di un’esperienza culinaria, intesa come bagaglio di conoscenza? Una sensazione simile si prova con il carciofo ripieno su fonduta di Bra e acciughe del Cantabrico, una culla avvolgente e un morso che affonda. 

La ricerca, soprattutto sulle lavorazioni delle materie prime, non si ferma e, anche sulla pasta, Walter riesce a proporre in assaggio un trittico di ravioli ripieni con burrata e ricotta, branzino e baccalà mantecato, quest’ultimo con sfoglia integrale. Consistente, da mordere e rimordere. Qui i ripieni si sfaldano presentando, ancora una volta, il messaggio dell’ingrediente che incapsula, peraltro, anche l’esperienza del laboratorio di tre chef, Walter Ferretto, Fulvio Siccardi e Diego Pattarino. E, a proposito di protagonisti, una precisazione è d’uopo: in cucina sono arrivati ad affiancare Walter due giovani, Gabriele e Chiara, che hanno portato, sui secondi e sui dolci rispettivamente, tecniche nuove e una nuova apertura al rischio, soprattutto nel presentare gli ingredienti nel piatto nei quali, però, ci sentiamo di dire che troviamo qualche spunto migliorativo, come il ridurre la quantità di qualche ingrediente in favore di una maggiore concentrazione.

Tornando a noi, comunque, la cottura impeccabile del riso Carnaroli con zucca gialla e ragù di galletto speziato rende bene l’idea di ciò che accade  nella mente di uno chef abituato a concentrare le proprie energie nei momenti salienti che abitano il piatto. È audace ma convincente anche la scelta di accostare al petto di galletto il foie gras il melograno, il tartufo nero e la cipolla. Siamo, peraltro, dinanzi a un ineludibile richiamo francese. Anche sui dolci si fa breccia con la tartelletta di crème brulée fiammata: il ristorante e, oggi, la coppia, sono una sorta di idoli per le vecchie generazioni e quelle contemporanee. La tartelletta parla di questi idoli e ne fa un punto di riferimento per tutte le crème brulée che andremo ad assaggiare in futuro.

Lato abbinamenti e sala, il carrello dei distillati è fornitissimo – esiste un carrello! –  mentre nella carta dei vini si può tranquillamente ampliare la gamma con altre referenze nostrane. Ultimo piccolo neo è forse la location che se d’estate, col giardino, s’illumina, d’inverno resta invece un po’ nascosta.

La galleria fotografica:

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Erika Mantovan

Dopo una Laurea in Economia e una magistrale in Economia, gestione e valorizzazione del turismo, completa la propria formazione in centri media, lavora presso l’Assessorato del turismo e Regione Piemonte per poi dedicarsi con dedizione al racconto dei suoi dialoghi ed esperienze, con i produttori vitivinicoli, cuochi e protagonisti dei territori che animano il mondo dell’enogastronomia.

1 Comments

  1. Piero Meazza ha detto:

    Queto locale ha la stella da circa 30 anni e fu uno dei primi ad aderire all’ Associazione Le Soste

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VALUTAZIONE

Cucina Classica

Cucina Moderna

15/20

16/20

PREGI
L’accoglienza dei fratelli Ferretto.
DIFETTI
Il parcheggio poco illuminato.

INFORMAZIONI

PREZZI

Menù “A Modo Mio” 80€ + abbinamento vini 50€ per persona
Alla carta sui 70€

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