All’Osteria Bottega

All'Osteria Bottega

VALUTAZIONE

Trattoria

CebollaCebollaCebolla
PREGI
La tradizione, nella versione più nobile.
I primi piatti.
DIFETTI
Le tovagliette di carta usa e getta al posto di quelle in stoffa.

Sedersi a tavola al 51 di via Santa Caterina a Bologna significa nutrirsi di memoria

È difficile parlare oggettivamente di All’Osteria Bottega a Bologna. Perché non c’è nulla di oggettivo all’Osteria Bottega. A cominciare dai quadri affissi alle pareti, uno in particolare, che dell’ipnotico portico di via Santa Caterina restituisce la straniante prospettiva.

Che dire, poi, di Daniele Minarelli? Occhi piccoli e acuti, ficcanti ma liquidi, improvvisamente plastici nel seguire la prosodia con cui declama, in un bolognese brontolato, ciascuna delle voci in menu, che infarcisce qua e là di frammenti di storia cittadina. Eccolo qui, il Dandy, oste e cantastorie che, parlando, divulga una cultura che, qui, è ancora tutta solo orale. Una cultura che rivendica, fateci caso, in vezzi squisiti come quello, apparentemente insignificante, di pronunciare faravona in luogo di faraona.

I primi sono il punto di forza del locale

La nostra cena all’Osteria Bottega comincia con un aperitivo promettente. Un calice di Franciacorta Brut di Vezzoli, il cui sorso, avvolgente e profondo, accompagna con disinvoltura la mortadella, il prosciutto cotto appena affumicato con le pere e il Parmigiano e finanche la giardiniera, poco acetata e genuinamente profumata.

Considerate le premesse, dunque, un Metodo Classico italiano, di cui Daniele è dichiarato estimatore, ci pare la soluzione migliore anche per il prosieguo: optiamo per il Dosaggio Zero Nero di Andrea Arici: una tempra conciliante che, all’occorrenza, sa farsi anche autorevole.

Archiviati i salumi, tutti di pregevole selezione, va presto detto che il punto più alto, qui si raggiunge  con i primi piatti. In questo caso, con i Maccheroncini al torchio con ragù d’agnello e asparagi verdi di Altedo di cui si loda un punto di cottura affatto modaiolo e un ragù che si sgrana, succulento, in bocca. Ma manco a dirlo ed ecco che l’asticella si alza irrimediabilmente. Dello Strichetto, infatti, troviamo toccante la callosità del punto di congiunzione delle due ali, la tensione soffice e ferrosa del suo fegatino e, non da ultimo, il profumo della salvia sulla dolcezza nobile della cipolla di Medicina.

Decisamente libidinoso è il Maialino di mora romagnola in crosta croccante con indivia al profumo di anice e bergamotto. Un poco sovraccarica è, invece, forse, la Spalla d’agnello, fondente al limite dello sfibrato e bronzea di un fondo forse troppo invadente. Nota di merito, tuttavia, alla cialda di mais e, soprattutto, alla maionese, serica e saporita, deliziosamente stemperata dal profumo lontano dell’aceto e delle acciughe.

Lodevoli i dolci: corroborante il Sorbetto al pompelmo e bergamotto,  umida e friabile la Torta degli addobbi, quasi un fior di latte.

Il conto, più salato rispetto ad altre “osterie” dello stesso livello, ammesso che esistano, ce lo porta Daniele col sorriso. Accanto alla ricevuta, un testo manoscritto redatto da Daniele stesso riporta, in bella grafia e a mo’ di memento, tutte le voci di questa storia.

La galleria fotografica:

 

 

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Leila Salimbeni

In famiglia si ritiene che abbia ereditato il palato del nonno Adorno, col quale ha imparato ad amare il vino e a fare colazione con pane, burro e pasta d'acciughe. Perfino le sue prime parole furono parole di gusto: precisamente, il rifiuto di mangiare i biscotti inzuppati nel latte, di cui detestava la consistenza. Una presa di posizione sul mondo, commestibile e non, che dopo una laurea in linguistica la porta a Bologna dove, con una tesi specialistica, decide di applicare la Semiotica Strutturalista alla cucina di Massimo Bottura. Correva l'anno 2010: da allora, non ha mai smesso di scriverne.

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CebollaCebollaCebolla
PREGI
La tradizione, nella versione più nobile.
I primi piatti.
DIFETTI
Le tovagliette di carta usa e getta al posto di quelle in stoffa.

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PREZZI

Menu alla carta: 40€

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