The Test Kitchen

VALUTAZIONE

Cucina Moderna

18/20

PREGI
DIFETTI
La luce, troppo fioca, ed il rumore di sottofondo, che può diventare fastidioso

Un’esperienza travolgente.
Così definiremmo la nostra cena al The Test Kitchen di Cape Town.
Luke Dale Roberts, una celebrità in Sudafrica, ha da un paio di anni abbandonato La Colombe, per trasferirsi all’interno dell’Old Biscuit Mill, complesso architettonico rivalutato da una convincente ristrutturazione, teatro di manifestazioni, spettacoli e sede di negozietti etnici.
Lasciata alle spalle la forma ed il rigore della precedente location, ha rivoluzionato non solo il concetto di sala, decisamente easy, ma anche quello di cucina, libera da schemi.
La sensazione, quando si varca la soglia del locale, è quella di aver sbagliato ingresso.
La vista di un bancone con sgabelli fronte cucina ci pone un interrogativo. Un pub? Un bistrot? Non di certo contenitore adeguato per il miglior ristorante della nazione, come avevamo letto su altri lidi.
Atmosfera chiassosa, cucina che più a vista non si può, ed un numero impressionante di cuochi e camerieri in uno spazio fondamentalmente limitato.
Accomodati ad un tavolo davvero piccino, gomito a gomito con i nostri vicini, l’impressione di confusione viene ben presto alleviata dalla simpatia dei ragazzi di sala, molto preparati e per nulla formali.
Caos calmo.
Un velo di scetticismo era comunque sceso sul nostro tavolo; onestamente spaesati, abbiamo atteso pazientemente le libagioni.
Se non mangio non credo.
Novelli San Tommaso, siamo stati ben presto smentiti da pani galattici, tra i migliori della nostra vita, e da amuse bouche degne di tavole stellari.
Il nostro percorso è stato un crescendo di emozioni, di sapori, consistenze, e, perchè no, di giochi.
La cifra della cucina di Dale Roberts, ben diversa da quanto proposto anni addietro, è la complessità, conferita non tanto dalle tecniche utilizzate – pregevolmente – quanto dalla commistione di miriadi di ingredienti differenti che si fondono, insperatamente, in un mirabile equilibrio.
Alcune preparazioni sono fuori scala, pensiamo alla fricassea di scampi, calamari al fumo, mais e vellutata di miso, altre, come la trota di Franschoek, melanzana, tamarindo e purea di lime, ci fanno tornare sulla terra, ma sempre ai piani alti.
Gusti mai banali, contrasti indovinati, acidità, grassezza, sapidità, impronta vegetale, nella cucina del The Test Kitchen c’è di tutto un po’.
Indubbie sono le influenze di Paesi lontani, ma salde le radici sudafricane. Perfetto il lombetto di springbok (un’antilope locale) con carote arrostite al burro, catalana di foie gras, black pudding, topinambur, cavoletti farciti di selvaggina, tartufo e jus di Porto (fantastici!).
Cucina fusion, nella sua accezione più nobile, che apre la mente e la fa viaggiare, dall’Oriente all’Occidente.
Comparto dolce non da meno con il perfetto alla cannella ed anacardi, burro alla nocciola, con torta alla nocciola e olio di oliva, tarte tatin all’ananas e spuma di zafferano o il chawanmushi al limone con spuma di mela, meringa e mandorle.
Non è una cucina per sottrazione, quella di Dale Roberts, ma per addizione, non per questo meno buona o interessante di altre.
Tante sono le strade per arrivare all’obiettivo, e questa non è tra le più semplici. Gestire tanti sapori diversi è rischioso, il limite tra un grande piatto e un inguacchio è sovente sottile, ma se si riesce a trovare la quadratura del cerchio, anche bilanciando gli elementi grassi, pur presenti, la gioia, mentale e palatale, può essere grande.

Appetizer: foie gras, cioccolato, sale in grani, croccante, bignè, tegole al pepe

Pane straordinario

Appetizer 2: zucchine, cetriolo, salmone, spuma di topinambur, pera, spezie, erbe

Patata dolce cotta lentamente (che sapore!), mousse di formaggio di capra, olive, salsa di pinoli, purea di mela e barbabietola rossa, aglio in camicia, tegole croccanti, erbe , spezie. Concentrazione di sapori.

Fricassea di scampi e quaglia affumicata, mais e vellutata di miso. Piatto di grande complessità e bontà.

Filetto di manzo leggermente affumicato, catalana di gorgonzola, pera, noci pecan candite, noce moscata, miso, tuorlo d’uovo. Le dosi sono perfette, il risultato è straordinario.

Funghi selvatici, fegato d’anatra, animelle glassate, spugnola gialla, cipolle, timo bruciato. Grasso e potente.

Trota di Franschoek cotta leggermente, nitsuke di melanzane, tamarindo, purea di lime, sfoglie di bonito essiccato.

Sorbetto di mela, gelatina di gin tonic. Fresco e molto concentrato.

Fricassea di maiale e capesante, pancetta croccante, filetto cotto a bassa temperatura, capesante scottate, aglio e purea di zenzero tostato, vellutata di quercia americana e bourbon. Surf & turf di livello molto elevato.

Lombetto di springbok, catalana di foie gras, black pudding, topinambur, cavoletti farciti di selvaggina, tartufo e jus di Porto. Una delle migliori interpretazioni di selvaggina del nostro anno “accademico”.

Perfetto alla cannella ed anacardi, burro alla nocciola, con torta alla nocciola e olio di oliva, tarte tatin all’ananas e spuma di zafferano. Contrariamente alle attese per nulla stucchevole. Grande maestria nel dosaggio degli ingredienti.

Chawanmushi al limone con spuma di mela, meringa e mandorle

Petit fours che riproducono, in versione dolce l’appetizer iniziale. Si chiude il cerchio.

Sala e cucina a vista

Conserve

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8 Comments

  1. Giovanni Lagnese ha detto:

    Wow!!!!

  2. francesco ha detto:

    Wow!!!
    19 al minimalista Parini (a volte bravino ma spesso ridicolo) e solo18 a questo tale che, dalle foto e dalle descrizioni , sembra fenomenale …

    • fabio fiorillo ha detto:

      Francesco,
      avendo visitato entrambi i ristoranti non posso che confermare la valutazione entusiastica per Parini, a mio parere uno dei migliori talenti d’Europa.
      Sono due cucine di grandissimo livello, ma diverse.
      Parini punta all’essenza dell’ingrediente, riesce ad estrapolare l’anima anche dal prodotto meno nobile (ed in questo ha davvero pochi pari), Dale Roberts è espressione di una cucina di grande potenza, molto complessa, che si regge su un equilibrio sottile, al di qua o al di là del quale ci sarebbe il pastrocchio.

      • francesco ha detto:

        non sono un critico ma, in totale franchezza, parecchi piatti di parini mi hanno fatto davvero schifo

        • fabio fiorillo ha detto:

          “Lo “schifo” da lei provato era per la concezione del piatto, la sua esecuzione, o per il fatto che non incontrasse il suo gusto?

          • francesco ha detto:

            Per la concezione (i miserandi ingredienti usati ed il loro assurdo, ed in due casi stomachevole, abbinamento) soprattutto; anche se alcuni altri piatti peccavano pure, venialmente, a livello esecutivo.
            Non voglio tediarla con un compiuto elenco ma, citandole solo quello che più negativamente mi è rimasto impresso, i suoi tagliolini al cipresso e vongole erano sinceramenre disgustosi.

          • Giovanni Lagnese ha detto:

            E questo – http://www.youtube.com/watch?v=bTSzdXG67aE – è inascoltabile, è dis-udito-so, …vero “signor” francesco?

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