Vite

VALUTAZIONE

Cucina Moderna

16/20

PREGI
Cucina in evoluzione, con tasso tecnico elevato.
Design ricercato delle sale.
DIFETTI
Alcuni tavoli risentono del rumore di fondo proveniente dalla cucina.

Tra hub creativo e concept store

TAD (acronimo di Treviso Arts District) è un edificio polivalente, progettato secondo un modello di hub creativo che ci si aspetterebbe di incontrare a New York o a Miami più che a Lancenigo, alle porte di Treviso. In parte museo, in parte temporary store, in parte bar e ristorante con diverse caratterizzazioni. Tutto all’insegna del “concept“, parola spesa generosamente nella presentazione degli ambienti. La punta di diamante, sotto il profilo gastronomico, è Vite, locale dagli arredi prevedibilmente molto originali (i cui elementi, diversi in ogni sala, sono tutti acquistabili dai clienti, comprese le piante idroponiche), affidato alla guida di Redha Marzo, in sala, e di Simone Selva, in cucina.

Selva ha 25 anni; alle spalle un breve periodo alla guida della cucina di Wisteria, culminato con il conseguimento di una stella Michelin nella Guida 2022 e preceduto da un percorso di formazione a fianco di due delle più luminose teste pensanti della cucina veneta e non solo: Lorenzo Cogo e Francesco Brutto. Con questi presupposti, difficile prevedere che il menu “T.E. True Emotions“, otto portate proiettate verso la “massima performance” (in alternativa ci sono “V.I Vision Inspire” da cinque portate, che rappresenta il biglietto da visita dello Chef, e il menu à la carte), abbia caratteristiche accomodanti e confortevoli.

Prova di forza

E così sarà: parecchi “schiaffi”; poche, pochissime, “carezze”. In primo piano la botanica (quasi tutti i piatti sono caratterizzati da elementi vegetali a crudo), le fermentazioni, le estrazioni (anche estreme), l’utilizzo di tecniche orientali, di ingredienti acidi e amari, la ricerca ossessiva dell’umami. Tra i benvenuti convince in pieno il Paté di garusoli e foie gras, sabbia al goulash e carpione alle rose servito con pan brioche al silene.

Tra i piatti fanno centro il Cavolfiore con mou al whisky torbato, tamarindo e umeboshi, nel quale la materica croccantezza dell’ortaggio supporta e contrasta un vortice di sapori a aromi, e i Tortellini di crauto con latte di angelica, bitter alla cicoria, olio di soia e peperoncino: dimensione minuscola e sfoglia spessa, a sostenere l’intensità degli altri ingredienti che compongono il piatto. Nonostante questi siano completamente diversi, assaggiando ritorna netto il ricordo di un capolavoro di Brutto: i Tortellini di tamarindo fermentato, panna e angostura.

Il vertice del menu si raggiunge con il Piccione in tre servizi: il petto con olivello spinoso, cannella e tabasco affumicato, la “finta cannella“, una cialda di cipolla e mango ripiena di patè di rigaglie e l’empanadas fritta, farcita con la coscia. Piatto di grande classe: esecuzioni impeccabili, nessun eccesso, anzi un equilibrio perfetto tra complessità e immediatezza. La sequenza salata si chiude con uno dei piatti-firma dello Chef: Penna liscia alla birra Lambic, anguilla in boreto, sesamo e pelargonio. Una detonazione gustativa a cavallo tra dolcezza, grassezza e sapidità; alla pasta viene conferita una consistenza callosa, al limite del coriaceo, per reggere l’impatto con la salsa ottenuta dalla riduzione di birra Lambic alla ciliegia. Appare forse eccessiva la porzione: al termine di un menu con queste caratteristiche, uno o due bocconi sarebbero stati più che appaganti.

Un percorso, questo, che non vuole essere per tutti, orientato com’è verso la concentrazione del sapore senza compromessi. Una sorta di prova di forza, pressoché priva di passaggi che allentino la tensione, è richiesta la massima attenzione da parte di chi assaggia. Ci si perdoni la metafora automobilistica: resta la sensazione che si viaggi a pieni giri con una marcia corta, facendo “urlare” il motore, e che sarebbe sufficiente ingranare la marcia superiore per aumentare la velocità e ottenere risultati ancora più eclatanti con minore dispendio di energie. Ed è questo il motivo per cui, al momento, limitiamo il punteggio a 16, convinti che sia a portata di mano un ulteriore salto di qualità.

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Davide Scapin Giordani

Classe 1970, figlio d'arte, da sempre legato all'ambiente dell'hôtellerie, incontra la cucina d'autore in tenera età scortando il padre, gastronomo appassionato, in giro per la Francia. All'amore per le grandi tavole, a metà degli anni 90 unisce quello per i grandi vini: diventa Sommelier Professionista AIS e intraprende una marcia serrata che lo porterà ad esplorare le principali zone vinicole italiane e d'oltralpe e a conoscerne i più celebrati vigneron. Collabora con l'Espresso nella duplice veste di autore della Guida dei Ristoranti e di quella dei Vini.

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VALUTAZIONE

Cucina Moderna

16/20

PREGI
Cucina in evoluzione, con tasso tecnico elevato.
Design ricercato delle sale.
DIFETTI
Alcuni tavoli risentono del rumore di fondo proveniente dalla cucina.

INFORMAZIONI

PREZZI

Due Menù Degustazione da 65€ e 95€
Prezzo medio alla carta 90€

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COSA DICEVAMO

Nessuna visita precedente trovata.

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