Sàpìo

VALUTAZIONE

Cucina Classica

15/20

PREGI
La cucina di un giovanissimo talento.
DIFETTI
Il limitato numero di posti a sedere, soprattutto in inverno.
I dolci, sottotono rispetto alle altre portate.

Un’altra sorpresa a Catania

In una città in cui l’alta cucina ha sempre trovato vita difficile, una giovane e ambiziosa coppia, tra sala e fornelli, sfoggia classe e concretezza in quella che, oggi, è decisamente una delle tavole più raffinate di Catania.

Si chiama Sàpìo (dal latino “conosco, assaporo, gusto”) ed è una piccola bomboniera di otto tavoli con una proposta gastronomica di impronta neo-classica, generosa ed opulenta, in cui la grande attenzione per il prodotto e la mano del cuoco giocano il ruolo decisivo nell’esecuzione di piatti dal lieve accento transalpino.

Alessandro Ingiulla non ha ancora trent’anni, ma tra fuochi e padelle mostra innegabile passione e talento, frutto di esperienze fatte in ristoranti pluristellati tra Francia e Austria che lo hanno portato a conquistare la stella dopo solo un anno dall’apertura; la sua proposta ci ha inaspettatamente colpiti con un crescendo di sapori capaci di risaltare l’ingrediente e, appunto, le tecniche di preparazione dello stesso.

Fino al pre-dessert, non nascondiamo di aver avuto qualche inaspettato sussulto, probabilmente anche aiutati dall’atmosfera post-quarantena in cui siamo tornati a respirare quella brezza di normalità che iniziava a mancarci. Quella di Ingiulla non è cucina della memoria, come può essere quella di Pino Cuttaia, né storico-barocca, come quella di Ciccio Sultano, ma non per questo difetta di personalità, sia nel ripercorrere uno stile classico contemporaneo che contempla, al stesso tempo, finezza e golosità (le nuances dolci, tipiche della cucina francese, sono sempre e solo contrappunti tra sapido, acido e iodato), sia nella scelta oculata del prodotto, carico di sapore: si parla del meglio che il mercato e i fornitori locali offrono, fatto salvo qualche piccola deroga per alcuni prodotti feticcio dello chef che rappresentano il meglio solo al di là dei confini nazionali (foie gras e l’eccellente piccione francese). Il tutto è proposto con un – giusto – compromesso: quello di poter piacere e compiacere una clientela variegata fatta da estimatori locali e, ci auguriamo soprattutto anche per il futuro, di avventori stranieri.

Cinque i piatti eccellenti: si parte con un magnifico gambero rosso italiano che viene impreziosito dal caviale (che, visto il cucchiaio in madreperla a latere, si viene invitati a degustare prima del resto del piatto) dove la dolcezza del crostaceo si ricarica di gusto con il coulis di pomodoro e la granita di ricotta di capra, scongiurando predominanze di ingredienti su altri. C’è poi un intermezzo di terra, con la fetta di manzo, tenerissima con foie gras, golosa e delicata, e si arriva con voracità allo spaghetto ai ricci di mare, servito con una crema di latte che lascia presagire al peggio ma fa immediatamente ricredere grazie alla profondità marina del carapace e la bisque che, pian piano, emerge e si accentua nel momento in cui viene nebulizzata una fragranza al limone al tavolo. Un primo piatto eccellente nel suo equilibrio. I piatti principali sono notevolissimi entrambi: la “zoccola”  – ovvero la cicala di mare – meglio dell’aragosta, a nostro avviso, e degno concorrente del king crab, cotta perfettamente alla brace e servita con lo zabaione del suo corallo e, infine, il magnifico petto di piccione con zucchine e fiori di zucchina. Semplicemente perfetto.

Sui dolci, tuttavia, cala con inaspettato anticipo il sipario e la seppur golosa, ma alla lunga stucchevole, crema agli agrumi e frutta diventa ben presto trascurabile. Per questo e per altri accorgimenti che, siamo certi arriveranno col tempo, abbiamo arrotondato per difetto la nostra valutazione, senza dimenticare che meritano una menzione speciale anche gli eccellenti pani, preparati con farine di grani antichi siciliani.

La sala, regno di Roberta Cozzetto, compagnia dello chef, funge da essenziale supporto della cucina anche grazie al lavoro svolto sotto gli occhi del cliente per la finalizzazione di alcuni piatti, come, appunto, il piccione o lo spaghetto.

I pochissimi posti a sedere impongono in qualche (logico) modo un ricarico rilevante sui vini, la cui selezione è comunque tra le migliori – se non la migliore – della città.

Non vediamo l’ora di tornare per provare altri piatti di questo giovane e capace cuoco.

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Leonardo Casaleno

Avvocato di professione e appassionato cinefilo, il suo cammino è stato segnato fin dalla giovane età da un sorprendente incontro con una passatina di ceci sulla via di San Vincenzo: un momento che ha acceso in lui un profondo culto per il cibo. Oggi sfugge con entusiasmo alla monotonia quotidiana per andare alla ricerca di tavole tradizionali o innovative che siano, purchè autentiche e capaci di sfamare la sua curiosità gastronomica. Nutre un altro grande amore per i viaggi che si manifesta in modo spontaneo: prenota un ristorante, quindi pianifica l’itinerario.

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VALUTAZIONE

Cucina Classica

15/20

PREGI
La cucina di un giovanissimo talento.
DIFETTI
Il limitato numero di posti a sedere, soprattutto in inverno.
I dolci, sottotono rispetto alle altre portate.

INFORMAZIONI

PREZZI

Menu degustazione da 70 a 110€.

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