Volnay 1er Cru Les Caillerets 2016 Joseph Volliot

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Le roy di Volnay

Joseph Volliot ha molto contribuito alla crescita qualitativa – e di conseguente fama – di Volnay, considerata per molto tempo zona minore di un angolo di paradiso incastonato tra Meursault e Pommard, nella Borgogna più profonda. Un topolino a fianco di due elefanti, che però in questi ultimi anni, grazie a nomi come Volliot, si è fatto spazio a gomitate davvero importanti.

Il domaine Volliot, per volontà di Joseph, ha sempre prodotto vini di impronta molto classica, pensati per l’affinamento a lunga distanza. Prima del suo avvento, durante la Seconda Guerra Mondiale, il domaine era conferitore d’uve per i vini della Borgogna più blasonata. Joseph decise la svolta, ed ebbe tremendamente ragione. Dal 1995 ad oggi, le redini del domaine sono nelle mani del genero, Jean-Pierre Charlot, che dopo la scomparsa di Joseph nel 2014 ne ha tramandato stililistica e dettami nei vini del domaine.

L’azienda coltiva 10 ettari di vigne nei migliori cru di Volnay, Pommard, Meursault e Beaune, un patrimonio suddiviso in 35 parcelle per una produzione di 17 denominazioni. Les Champans, Les Fremiets, Les Caillerets e Les Brouillards, a Volnay; e poi Clos Micault, Les Pézerolles, Les Epenots, Les Rugiens: tutti prodotti molto affascinanti, che conquistano perchè, come tutti i grandi vini di Borgogna, sono bevibilissimi da giovani ma dopo 10,20 anni e oltre sviluppano complessità e tensioni affascinanti.

In particolare questo Les Caillerets, prodotto al confine con Meursault da vigne impiantate nel 1984, ha nel suo nome il suo destino. Quelle sono terre ricche di sassi e di carattere calcareo. L’annata 2016, in questo caso – forse per una malolattica un po’ spinta o forse per il titolo alcolometrico che parrebbe superiore al 13% dichiarato in etichetta – dona note dolci e lattiche, inframezzate a sentori vegetali pronunciati di raspo, che fanno pensare ad una parziale o assente diraspatura, appunto.

Al naso sprigiona note di violetta, rabarbaro candito, leggera prugna. Tutti profumi che poi troviamo all’assaggio, con un finale lattico-amaro e pungente di nota verde.

 

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Alberto Cauzzi

Imprenditore della New Economy con il pallino dell’enogastronomia, gira il mondo a caccia del miglior ristorante di alta cucina, non ancora trovato. Al vino è approdato apparentemente per caso, provenendo da una famiglia di astemi. Scoprì in seguito che un suo bis-nonno era un ottimo produttore di vino, nebbiolo in Valsesia, ed anche un discreto consumatore. E' stato il vice direttore della guida ristorante de L'Espresso per gli anni 2023 e 2024. E’ stato l’ideatore ed è il presidente del progetto Passione Gourmet. Le sue passioni: l’avanguardia misurata in cucina e i grandi vini di Borgogna.

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