Caracol

La Caponata a modo mio, Caracol, Napoli

VALUTAZIONE

Cucina Moderna

14/20

PREGI
Cucina raffinata, in perfetta sintonia con l’ambiente.
DIFETTI
L’illuminazione dei tavoli con le sole candele, suggestiva ma insufficiente.

Ambo sulla ruota flegrea: una cucina raffinata e una location straordinaria

Le spiagge, il tufo pettinato dal vento, il mare ed il cielo divisi da una linea, dritta ed immobile, giusta per poggiarci sopra Capri, Ischia e Procida, poi il faro, qualche barca, il silenzio. Un tavolo, le poltroncine, un vetro a separare dall’abisso, il sole lasciato dietro la tela dell’ombrellone, un calice di Sauvignon, poi una caponata, a modo suo, dello chef Angelo Carannante. Ecco, questo è Caracol.

Per spiegarlo con le parole, ad inizio secolo scorso la psicologia moderna aveva formulato una teoria. La Gestalt o l’esperienza umana come fenomeno sovraordinato alla mera somma dei suoi componenti. Oggi basterà lasciare l’automobile nel parcheggio e farsi scortare tra le polveri dello sterrato che conduce qui, a questa piccola sala con cucina a vista, con il mare giusto davanti e un terrazzo per congiungerli e attendere. Lo chef, ora notevolmente irrobustito dalle recenti esperienze presso Marennà e TerrazzaBosquet, si presenta quasi nascondendosi dietro una apparente semplicità che percorre tutto il menù. Materie prime di grande qualità, piatti di grande nettezza, eleganti, perfettamente in linea con quello che circonda questo luogo e l’idea di questo progetto. A sovrintendere servizio e bottiglie c’è Ciro Sannino, già anfitrione di Aquapetra, l’angolo di Toscana in terra sannita e suo è il bell’inizio con cocktail ben confezionato.

La caponata, menzionata in apertura, è davvero il manifesto dove si condensa l’idea sviluppata poi lungo il pranzo. Intanto, un ottimo biscotto di pasta brisè che ospita la burrata con tre tipi di pomodorini. Poi olive, capperi, melanzane e scarola a ricalcare l’identità di questo luogo, così fortemente mediterraneo. Bisogna mangiarlo lì, planato su quella terrazza rubata agli scogli. E tutto vi sarà svelato.

Identità che viene ribadita puntualmente dalla passatina di cicerchie, tipico legume dei Campi Flegrei (ma non solo), dalla triglia protagonista del piatto omaggio alla scuola francese o con la rivisitazione intrigante della genovese di tonno. Vista e rivista certo, ma qui con il guizzo di quel fondo di arrosto di carne, a emulare e contemporaneamente sparigliare i riferimenti. E dopo il risotto, che già dimostra completezza di formazione, ecco il piatto che rompe gli indugi: cefalo in ritorno dall’Oriente. Una salsa teriyaki intensa per il fondo di carbone, una bietola verdissima e croccante ed una delicata maionese all’aglio per un esercizio di grande equilibrio e finezza con un pesce la cui carne resta comunemente poco apprezzata. La ciliegina infine con la foglia della menta ad anticipare il dessert ben eseguito, sebbene in attesa di una maggiore forza e convinzione.

Finalmente una apertura davvero interessante per un ristorazione dai piccoli numeri ma dalle grandi attese. Speriamo altresì che dia coraggio ad altri progetti per valorizzare un territorio, quello flegreo, troppo spesso ancora vittima dell’improvvisazione.

 

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Giampiero Prozzo

Architetto napoletano della metà degli anni ’60. Vittima felice delle conseguenze dell’amore. Per i viaggi. Dunque leggere, esplorare, ascoltare, fotografare, comprendere, assaggiare o della sola azione che le compendia magnificamente tutte: mangiare e bere. Ovunque. Dopo, raccontare di un pranzo, sarà un nuovo modo per parlare del mondo.

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VALUTAZIONE

Cucina Moderna

14/20

PREGI
Cucina raffinata, in perfetta sintonia con l’ambiente.
DIFETTI
L’illuminazione dei tavoli con le sole candele, suggestiva ma insufficiente.

INFORMAZIONI

PREZZI

Menù degustazione: 5p 60€, 7p 80€
Alla carta: 70€

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