Osteria di Passignano

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PREGI
Una cucina affidabile che non delude mai
DIFETTI
La poca luce in sala

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La Badia di Passignano, situata nel cuore del Chianti Classico, è un antico monastero fondato nel 395 dall’Arcivescovo di Firenze. Dopo un periodo di transizione, nel 1986 è tornato ad essere un complesso conventuale abitato dai monaci dell’ordine Vallombrosiano, ramo riformato dei Benedettini specializzato in viticoltura e silvicoltura: le premesse per una sosta di tranquillità e buona tavola ci sono tutte.
Negli spazi delle antiche stalle, ristrutturati con cura e semplicità e arredati con sobria eleganza, si trova infatti l’Osteria di Passignano.
Nasce nel 2000 da un’idea di Marcello Crini, grande conoscitore e appassionato della cultura enogastronomica toscana, e Allegra Antinori. La nobile famiglia della viticoltura italiana è proprietaria dei vigneti circostanti l’Abbazia, dai quali produce il Chianti Classico Riserva “Badia a Passignano”, affinato nelle cantine sottostanti il monastero.
La cucina, affidata alla giovane coppia di chef Matia Barciulli e Nicola Damiani, è chiaramente di derivazione territoriale, anche se lontana dal modello classico di quella Chiantigiana.
Attinge a piene mani dai ricettari tradizionali utilizzando i prodotti più caratterizzanti del territorio circostante, ma rielaborando il tutto in chiave attuale, utilizzando tecniche moderne, alleggerendo le preparazioni, migliorando le presentazioni e gli impiattamenti, senza perdere di vista la centralità gustativa.
Ottimi i piatti a base di carne, sia per la qualità della materia prima sia, soprattutto, per la bravura nel prepararli.
A questo proposito, in carta troviamo un’intera sezione dedicata alla griglia, compresa una monumentale fiorentina, provata in una visita precedente, che vale da sola il viaggio.
Un plauso è sicuramente da riservare ai ragazzi della sala, che svolgono il proprio compito con cordialità e simpatia, trasmettendo l’amore per il proprio lavoro all’ospite e creando quella sinergia positiva fra sala e cucina che è uno degli elementi fondanti del concetto di “buon ristorante”.
Ottima la carta dei vini, con in evidenza i grandi rossi locali, ma ricca anche di prodotti provenienti dal resto d’Italia e del mondo proposti con ricarichi più che accettabili.
Una tappa imprescindibile per chi passa da queste parti, ma anche per la bellezza del luogo, ricco di fascino e di cultura.

Il pane e le sfoglie croccanti.
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Il saluto della cucina, omaggio al pomodoro.
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Il pinzimonio nell’orto: gelato all’olio d’oliva con cruditè e finta terra, gelato all’olio, dadolata di ortaggi e wafer con olio spalmabile e verdure marinate.
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Spaghetti alla chitarra con pomodoro fresco, fondente di burrata e caviale di basilico.
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Quadrucci farciti di coniglio porchettato in zuppetta di fagioli alla santoreggia e albicocche.
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Controfiletto di vitello in panura di funghi secchi e noci al sedano rapa e porcini: il piatto del percorso, perfetta la cottura, il jus e l’abbinamento con i porcini.
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Polpette morbide di cioccolato Gobino 70% con gelato e salsa di fichi.
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Piccola pasticceria.
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Un classico che non delude mai, nonostante qualche imperfezione per una leggera rifermentazione. Resta un vino dal carattere e dalla bevibilità unica.
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1 Comments

  1. Marco 50&50 ha detto:

    Non solo la fiorentina vale il viaggio a ritroso di 1000 anni, un bello spunto per fermarsi nel tempo a tavola e non.
    Spesso in Toscana è così tanta luce fuori, poca luce dentro.
    Marco 50&50

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